mercoledì 31 ottobre 2012

Night of Horror


Last night I dreamt I went to Manderley again. It seemed to me I stood by the iron gate leading to the drive, and for a while I could not enter, for the way was barred to me. There was a padlock and chain upon the gate. I called in my dream to the lodge-keeper, and had no answer, and peering closer through the rusted spokes of the gate I saw that the lodge was uninhabited. No smoke came from the chimney, and the little lattice windows gaped forlorn. Then, like all dreamers, I was possessed of a sudden with supernatural powers and passed like a spirit through the barrier before me. The drive wound away in front of me, twisting and turning as it had always done, but as I advanced I was aware that a change had come upon it; it was narrow and unkempt, not the drive that we had known. At first I was puzzled and did not understand, and it was only when I bent my head to avoid the low swinging branch of a tree that I realized what had happened. Nature had come into her own again and, little by little, in her stealthy, insidious way had encroached upon the drive with long, tenacious fingers. The woods, always a menace even in the past, had triumphed in the end. They crowded, dark and uncontrolled, to the borders of the drive. The beeches with white, naked limbs leant close to one another, their branches intermingled in a strange embrace, making a vault above my head like the archway of a church. And there were other trees as well, trees that I did not recognize, squat oaks and tortured elms that straggled cheek by jowl with the beeches, and had thrust themselves out of the quiet earth, along with monster shrubs and plants, none of which I remembered. The drive was a ribbon now, a thread of its former self, with gravel surface gone, and choked with grass and moss. The trees had thrown out low branches, making an impediment to progress; the gnarled roots looked like skeleton claws. Scattered here and again amongst this jungle growth I would recognize shrubs that had been landmarks in our time, things of culture and grace, hydrangeas whose blue heads had been famous. No hand had checked their progress, and they had gone native now, rearing to monster height without a bloom, black and ugly as the nameless parasites that grew beside them. On and on, now east now west, wound the poor thread that once had been our drive. Sometimes I thought it lost, but it appeared again, beneath a fallen tree perhaps, or struggling on the other side of a muddied ditch created by the winter rains. I had not thought the way so long. Surely the miles had multiplied, even as the trees had done, and this path led but to a labyrinth, some choked wilderness, and not to the house at all. I came upon it suddenly; the approach masked by the unnatural growth of a vast shrub that spread in all directions, and I stood, my heart thumping in my breast, the strange prick of tears behind my eyes.


[Daphne Du Maurier, Rebecca]




sabato 27 ottobre 2012

Pensiero metropolitano #14

Ricevo un'e-mail: "So che queste cose ti piacciono...". Scorro il testo verso il basso e trovo un utilissimo decalogo contente le regole per essere una moglie perfetta. Secondo l'Azione Cattolica.
Non ho mai letto nulla di più divertente.
[In viola i punti che mi hanno fatto sbellicare di più.]

Decalogo Dell'azione Cattolica Per Le Mogli, Pubblicato Nel 1960
Vi siete sposata davanti a Dio e agli uomini.
Dovete essere all’altezza della vostra missione.
LA SERA QUANDO RIENTRA
Preparate le cose in anticipo, in modo che lo attenda un pasto delizioso.
E’ un modo per fargli sapere che avete pensato a lui e che vi prendete a cuore i suoi bisogni.
SIATE PRONTA
Prendete quindici minuti per riposare al fine di essere distesa.
Ritoccate il trucco, mettete una fascia tra i capelli e siate radiosa e Avvenente.
Ha passato la giornata in compagnia di gente oberata di fastidi e di lavoro.
Occorre rallegrare la sua dura giornata, ed è uno dei vostri doveri fare in modo che ciò avvenga. Vostro marito avrà la sensazione di essere approdato a un porto quieto, e questo renderà parimenti felice anche voi.
In definitiva, vegliare sul suo benessere vi procurerà soddisfazione una personale.
RIDUCETE AL MINIMO OGNI RUMORE
Al suo arrivo, eliminate tutti i rumori degli elettrodomestici: lavatrice, asciugabiancheria o aspirapolvere. Incoraggiate i bambini a stare buoni.
Accoglietelo con un sorriso caloroso e mostrate sincerità nel vostro desiderio di piacergli.
ASCOLTATELO
E’ possibile che abbiate una dozzina di cose importanti da dirgli, ma non è il momento opportuno quello in cui lui fa ritorno a casa. Lasciatelo parlare per primo, ricordate che i suoi argomenti di conversazione sono più importanti dei vostri.
NON VI LAMENTATE MAI SE RIENTRA TARDI
O se esce per cena o per andare in altri luoghi di divertimento senza di voi.
NON ACCOGLIETELO CON LAMENTELE E PROBLEMI
Ricevetelo con tutti i comfort. Proponetegli di rilassarsi su una sedia comoda, o di andare a stendersi in camera da letto. Parlate con voce dolce, tranquillizzante.
Non fategli domande e non mettete mai in discussione il suo giudizio o la sua integrità.
Ricordate che è il padrone di casa e che, in quanto tale, eserciterà sempre la sua volontà con giustizia e onestà.
QUANDO HA FINITO DI CENARE SPARECCHIATE LA TAVOLA E LAVATE
RAPIDAMENTE I PIATTI
Se vostro marito si offre di aiutarvi, declinate la sua offerta, perché si sentirebbe obbligato a ripeterla in seguito, e dopo una giornata lunga e faticosa non ha affatto bisogno di lavoro supplementare. Incoraggiatelo a dedicarsi ai suoi passatempi preferiti e mostrategli interessata senza tuttavia dare l’impressione di sconfinare nel suo territorio.
Fate in modo di non infastidirlo parlandogli, perché gli interessi delle donne sono spesso piuttosto  insignificanti in confronto a quelli degli uomini.
Una volta che vi siete ritirati in camera entrambi, preparatevi a mettervi a letto prontamente.
NELL’ANDARE A CORICARVI, ASSICURATEVI CHE IL VOSTRO ASPETTO SIA A SUO MEGLIO
Cercate di avere un aspetto avvenente, ma non conturbante. Se dovete mettervi della crema o dei bigodini, attendete che si sia addormentato, perché potrebbe essere uno shock per lui addormentarsi davanti a un tale spettacolo.
PER QUEL CHE CONCERNE LE RELAZIONI INTIME CON VOSTRO MARITO
E’ importante ricordare le promesse di nozze, e in particolare l’obbligo di obbedirgli.
Se ritiene di avere bisogno di dormire immediatamente, che sia così. Lasciatevi sempre guidare dai suoi desideri e non fate in alcun modo pressione su di lui per provocare o stimolare una relazione intima.
SE VOSTRO MARITO SUGGERISCE L’ACCOPPIAMENTO
Accettate allora con umiltà, tenendo a mente che il piacere dell’uomo è più importante di quello della donna. Quando raggiunge l’orgasmo, un piccolo gemito da parte vostra lo incoraggerà, e sarà sufficiente per indicare ogni forma di piacere che possiate avere provato.
SE VOSTRO MARITO SUGGERISCE UNA QUALUNQUE TRA LE PRATICHE
MENO CORRENTI
Mostratevi obbediente e rassegnata, ma indicate un’eventuale mancanza di entusiasmo osservando il silenzio. E’ possibile che vostro marito si addormenti allora rapidamente:  ricomponetevi, rinfrescatevi e mettete la crema da notte e i prodotti per i capelli.

POTETE QUINDI PUNTARE LA SVEGLIA
Al fine di essere in piedi un po’ di tempo prima di lui, la mattina.
Questo gli consentirà di avere la tazza di tè del mattino a disposizione non appena si sveglierà.


Rispondo all'e-mail: "No, scusa ma è una barzelletta? Perché mi fa male la pancia dal ridere!".

giovedì 25 ottobre 2012

Pensiero metropolitano #13

Sale sul treno un uomo, i capelli lunghi e unti e la giacca a vento lurida. Gli occhi azzurri incavati nelle orbite, il suo volto è magro, un teschio ricoperto di pelle. Nella tracolla un libro rovinato e in bocca un mozzicone spento di sigaretta. Il puzzo è nauseabondo. Si siede e guarda fuori dal finestrino. Sdegnata, una passeggera borbotta che certa gente non dovrebbero farla salire, si alza e si sposta in fondo alla carrozza. La prossima fermata è Crescenzago?, chiede l'uomo rivolto a due passeggeri che, impassibili, voltano la testa dall'altra parte, impegnati in improvvise telefonate immaginarie. Sì giusto, rispondo io di prepotenza. Grazie, mi dice l'uomo con un sorriso nero di carie.

Toglietevi quell'aria di superiorità dalla faccia. Chissà che domani al posto di quel barbone non possiate esserci voi.

lunedì 22 ottobre 2012

Tutt'e due

OMAGGIO A P.A.


Giro stancamente il cucchiaino nella tazza di tè. La testa zeppa di pensieri. Mi rendo conto di non aver fatto altro che sbuffare questo pomeriggio. Guardo dalla finestra. Il cielo è grigio e minaccia di piovere; eppure tutto è calma. Là fuori. Qui dentro invece… Un ciuffo d’erba spicca nel prato uniforme. Si piega costretto dal vento. Mi perdo a osservare quei movimenti armoniosi, continui, pacifici.
D’un tratto un colpo secco alla porta. Sobbalzo.
«Chi cazzo è questa Gwen?». Vittoria è una furia.
«Cosa?» le dico sorpresa dalle sue parole.
«Chi cazzo è questa Gwen?».
Ma come fa a saperlo? Non è possibile che l’abbia scoperto. Ma come ha fatto?
«Allora? Non rispondi? Ti ho fatto una domanda: chi cazzo è?».
Mi si pianta davanti. I suoi occhi sono feroci di rabbia.
«Vittoria, calmati». “Calmati”, certo, come se dirlo servisse a qualcosa. Ma non riesco a dire altro.
«Calmati! Calmati mi dici? Non mi calmo proprio per niente. Allora, chi è?».
«Nessuno, Vittoria, non è nessuno».
«Non negare, Annie» mi fissa. «Guarda che ho scoperto che cazzo stai combinando». Tira fuori dalla tasca un foglio e lo sbatte sulla scrivania.
Lo riconosco. Come ha fatto a trovarlo?
«Ti sei stufata di me?».
«No, Vittoria. E lo sai. È solo che siamo arrivati a un punto morto. Credimi, mi arrovello tutto il giorno per trovare una soluzione, un modo per rimettere le cose sul binario giusto. Però non so come fare».
«Stronzate, Annie! Non è che non sai come fare, la verità è che non vuoi, che non ti impegni. E vuoi sapere perché? Perché di me non te ne frega più nulla».
«Non ci posso credere. Come fai a dire che di te non me ne frega di più nulla? Sei ingiusta!». Alzo la voce anche io, in fondo siamo fatte della stessa pasta.
«Io ingiusta? E tu invece? Tu che ora ti sei trovata una bella amichetta, tu saresti giusta?».
«Ma cosa dici?».
«Questo dico: che stai per sbattermi via, come una bambola che non ti piace più. Ci hai giocato, ti sei divertita e ora via, dritta nel cestino».
«Vittoria, tu sei importante per me. Sei la persona che avrei sempre voluto essere. Come puoi pensare che io voglia liberarmi di te. Io non ti lascio».
«Fanculo». Le sue pupille tremavano, per la rabbia e per un pianto soffocato a fatica.
«Perché lo stai facendo? Ti sei dimenticata dei mesi che abbiamo passato insieme? Quando nella tua testa c’ero solo io, quando eri felice di avermi incontrata, quando dicevi che era destino, che avremmo avuto un futuro splendido? E ora? Queste cose le dici anche a lei?».
 «Smettila di fare paragoni. Tu sei tu, lei è lei. Va bene, lo ammetto, vi voglio entrambe, ma…».
«Non c’è spazio per tutt’e due. Scegli: o io o la bella vestita di stracci».
»Non fare la stronza. Lei non ha avuto quello che hai avuto tu».
«Ah no? Carta canta, Annie, carta canta» mi sventola il foglio in faccia. »Dimmelo: perché l’hai cercata? Che cosa ha lei che io non ho?».
«Nulla, Vittoria. È solo che avere a che fare con te è complicato, sei una persona difficile. Ho bisogno di qualcuno che non mi sfinisca come fai tu».
«E tu credi che quella non ti sfinirà? Ti succhierà tutte le energie».
«Non credo proprio».
«Come fai a saperlo? Non la conosci. Di lei sai solo che ha una famiglia coi fiocchi. E poi? Il suo mondo lo conosci? Hai anche la più vaga idea della sua storia?».
Ha ragione. Non so nulla. Gwen potrebbe rivelarsi una scelta stancante. Potrei pentirmi di aver abbandonato Vittoria. Chi lascia la via vecchia per la nuova… D’altra parte Vittoria sa essere intrattabile, scontrosa. Mi rende la vita difficile e ogni istante con lei è una sfida per cui non ho le forze di lottare.
Ho la nausea.
«Mi avete stufato entrambe, Vittora. Questi dubbi mi hanno stufato. Vai via, ti prego. Lasciatemi in pace. Tutt’e due».
Guardo Vittoria girarsi e andarsene sbattendo la porta. Scoppio a piangere. Già mi manca.

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Questo racconto è ispirato a Travels in the Scriptorium, che consiglio di leggere in lingua originale e mai in traduzione.
Vittoria e Gwen sono le protagoniste di due romanzi che mi frullano in testa: la storia di Vittoria è già avviata, quella di Gwen – la nuova arrivata – ancora no.

venerdì 19 ottobre 2012

Suspence #3

Sono più di due mesi ormai che leggo il blog di Suspence. O meglio: lo divoro, saltando avanti e indietro negli anni. Dal 2007 al 2012, da Suspence innamorata perdutamente di Tall a Suspence mamma, da modella cervello-munita a inviata di guerra, da osservatrice delle dinamiche quotidiane a testimone oculare di indicibili brutalità. E mentre leggo, me la immagino.
Me la immagino ventisettenne seduta davanti al computer a tarda notte, una matita a raccogliere i capelli, mentre aggiorna il suo blog; al parco in primavera mentre fa capolino da dietro il tronco di un albero, il suo miglior sorriso rivolto alla macchina fotografica di Tall; in redazione, mentre batte i pugni sulla scrivania dell'Editore. Me la immagino ora, il mento appoggiato al bordo della culla mentre veglia sul sonno pacifico della piccola Livia; addormentata su un giaciglio in Siria, mentre digrigna i denti, il corpo rigido perché la guerra non permette riposo; all'aeroporto di Parigi, mentre si fa piccola piccola avvolta nell'abbraccio sicuro del Magister; per le vie della sua città, mentre frastornata ritorna alla vita di sempre.
Me la immagino. E più me la immagino, più mi affascina l'idea di dare una forma concreta alle immagini che mi figuro. Sì, mi piacerebbe realizzare un film sulla vita di Suspence. Ammetto di non possederne l'esperienza necessaria, però man mano che scorro i suoi post, mi convinco sempre più di quanto il blog sia colmo di spunti e materiali cinematograficamente interessanti che, come tante tessere di un grande mosaico, formano il ritratto di una giovane donna dei nostri giorni. Una donna che si è fatta da sé e che, tra difficoltà e gioie, fragilità e forza, racconta con la sua vita un'avventura al contempo straordinaria e ordinaria. Se, da una parte, Suspence può essere a pieno titolo l'emblema della donna moderna, divisa tra lavoro e vita privata, dall'altra sono proprio il suo lavoro e la sua vita privata che la caratterizzano, che la rendono unica e peculiare: il suo lavoro che a volte arriva a spingerla a un passo dal baratro per dimostrarle quanto in realtà lei sia forte; la sua famiglia - per nulla simile al tipo di famiglia a cui il nostro pesantissimo retaggio culturale ci induce a pensare - traboccante dell'amore che un uomo, una donna e una bambina provano per lei. Insomma, mi piacerebbe creare un film che racconti la storia di una vita affascinante, esempio e stimolo per tutti coloro che, almeno una volta, si sono ritrovati in Suspence.

 
Mi porto avanti col progetto e faccio i casting: Meghan Ory è Suspence. Sbaglierò, ma io me la immagino così.

giovedì 18 ottobre 2012

What a glorious day!

People will keep telling you that you can't do it.
Just prove them wrong, and it will turn into a glorious day.



martedì 9 ottobre 2012

Vita da blogger #1

Anche tu sul tuo blog parli di cose intime?, mi chiede. Rido. No, il mio blog è diverso da quello di Suspence, gli dico, e poi se scrivessi delle mie cose intime dovrei scrivere di te. Allora meglio di no, mi dice, avrei troppo daffare a tenere a bada tutte le donne che mi vorrebbero. Rido di nuovo: sei sempre il solito!

lunedì 8 ottobre 2012

Pensiero metropolitano #12

Sento fresco alle gambe. Che goduria. Caldo invece sul resto del corpo - ma perché ho sempre caldo? La minigonna mi lascia scoperte le gambe. Sono seduta e ho caldo, la tiro un po' più su. E' di jeans, a pieghe. Simile a quella delle scolarette manga.
«Quelle che si mettono la gonna corta, lo stupro se lo cercano»: mi torna in mente quella donna di mezza età in metro che, tempo fa, lanciandomi occhiate furtive, sembrava non avere altro argomento di discussione con la sua amica che non fosse il mio abbigliamento. Oppure: «Se tu ragazza ti metti la mini, è chiaro che hai voglia di farlo» ho sentito un’altra volta da un uomo. Forse nella tua mente perversa, avrei voluto rispondergli.
Più che le parole del maschio deviato, mi fanno specie quelle della donna. Lei, che dovrebbe aberrare lo stupro. Lei, che dovrebbe sentirsi male solo all’idea che venga usata la violenza per estorcere l’intimità di una giovane. Lei che, tutt’al contrario, quasi giustifica una sorta di “violenza punitiva”: tu mostri le gambe, le curve dei polpacci e le linee delle cosce?, bene, allora il castigo te lo meriti. Con buona pace delle lotte di ieri e di oggi per le libertà femminili. Mi chiedo se riusciremo mai a raggiungere l’emancipazione di cui tutte parliamo. Non tanto quella sancita sulla carta che, tra belle parole e vuote retoriche, tutte condividiamo, ma piuttosto – e soprattutto – quella più difficile da ottenere: l’emancipazione impressa, quale parte costitutiva, nella nostra Weltanschauung. E quando dico “nostra” intendo “di noi donne”. Perché, molto spesso, il vero ostacolo alla nostra libertà siamo proprio noi.



sabato 6 ottobre 2012

Words mean more than what is set down on paper



« [I]l suo corpo rigido disegnava piccoli cerchi per terra mosso dal vento che si era alzato a sera». Non so descrivere come ho reagito a quelle parole. Non mi ricordo. Non mi ricordo se ho sentito un tuffo al cuore. Non mi ricordo se ho lasciato cadere la biro che tenevo in mano, se mi sono coperta la bocca con le mani, o se invece sono rimasta immobile, come di pietra. Ricordo solo un pensiero: mai più. Non scriverò più di lei. Come faccio?, mi dicevo, come faccio? I miei post sono frivoli, il mio blog è frivolo. Con che faccia io – al sicuro nella pace della mia quotidianità – invio i miei post a Suspence, asserragliata tra morte e dolore, strazio e disperazione? Non posso. Non sto leggendo un romanzo, mi ripetevo, quella è la realtà. La realtà nuda e cruda. Sventrata e dilaniata.

Ci ho messo qualche settimana prima di comunicare a Suspence la mia decisione. Vorrei ma non ce la faccio, le ho detto. Sono anche le tue parole che mi tengono aggrappata alla realtà, mi ha risposto, è come se mi raccontassero com'era la mia vita prima di venire qui in Siria. Ok allora, le dico e mi dico. E penso come a volte le situazioni prendano pieghe assurde: dovrei essere io a incitarla ad andare avanti. E invece no: è lei a farlo. Che forza che ha! Come un grande albero ai cui piedi scorre furiosa l’acqua sporca di un fiume tracimato dagli argini, un albero che fatica a non spezzarsi, ma che, nonostante tutto, si sforza di reggere tra le sue fronde e infondere coraggio a un uccellino atterrito da quello che accade.

Va bene, Suspence, eccomi tornata a scorrere il tuo blog indietro negli anni. A leggere dei tuoi mille e più spasimanti e soprattutto di Tall l’Adone: bello, alto, statuario e con… doti da urlo. Ritrovo te, e ti ritrovo più fragile – o forse no, quella che ultimamente è più fragile sono io -, ti ritrovo lì, avviluppata nelle spire dell’amore, accecata dalla passione prorompente per un uomo che pare il Principe Azzurro. Eccoti ora alle prese con il Divin Marchese che insegna alle fanciulle i segreti del piacere. E non posso non immaginarti avviluppata al tuo Adone – tu e lui che quei segreti li conoscete, eccome! Mi intenerisco e ti invidio leggendo del tuo amore per lui e del suo amore per te. Rido divertita di fronte alle tue situazioni imbarazzanti, pensando che per fortuna non sono la sola a cui capitano. E rifletto con te sulle cose che fanno riflettere due quasi-trentenni. Mi gusto ogni tuo post. E mi balugina un’idea…