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sabato 16 febbraio 2013

In sickness and in health


Immagino una chiesa piccola e dall’aspetto antico. Tutt’intorno i grattacieli, alti da far venire il capogiro. La chiesa è deserta, la luce del mattino entra dai vetri colorati delle monofore. Al primo banco della navata, una bimba indica alla mamma quelle sfumature colorate che, tremule, sembrano inseguirsi sul pavimento. La mamma la tiene in braccio, le labbra sfiorano il viso paffuto della piccola e le bisbigliano di guardare verso l’altare. Perché all’altare, di fronte al pastore vestito a cerimonia, c’è l’altra sua mamma, raggiante di bellezza e felicità, come tutte le donne nel giorno in cui indossano il vestito bianco. Di fianco a lei il suo uomo, elegante e distinto. Emozionato più della sua sposa. Gli occhi che brillano, cerca la mano di lei, le sfiora le dita. Lei volta il capo verso di lui, sorride. «I love you» gli dice. In inglese. In fondo lui la sta sposando a New York. 



venerdì 19 ottobre 2012

Suspence #3

Sono più di due mesi ormai che leggo il blog di Suspence. O meglio: lo divoro, saltando avanti e indietro negli anni. Dal 2007 al 2012, da Suspence innamorata perdutamente di Tall a Suspence mamma, da modella cervello-munita a inviata di guerra, da osservatrice delle dinamiche quotidiane a testimone oculare di indicibili brutalità. E mentre leggo, me la immagino.
Me la immagino ventisettenne seduta davanti al computer a tarda notte, una matita a raccogliere i capelli, mentre aggiorna il suo blog; al parco in primavera mentre fa capolino da dietro il tronco di un albero, il suo miglior sorriso rivolto alla macchina fotografica di Tall; in redazione, mentre batte i pugni sulla scrivania dell'Editore. Me la immagino ora, il mento appoggiato al bordo della culla mentre veglia sul sonno pacifico della piccola Livia; addormentata su un giaciglio in Siria, mentre digrigna i denti, il corpo rigido perché la guerra non permette riposo; all'aeroporto di Parigi, mentre si fa piccola piccola avvolta nell'abbraccio sicuro del Magister; per le vie della sua città, mentre frastornata ritorna alla vita di sempre.
Me la immagino. E più me la immagino, più mi affascina l'idea di dare una forma concreta alle immagini che mi figuro. Sì, mi piacerebbe realizzare un film sulla vita di Suspence. Ammetto di non possederne l'esperienza necessaria, però man mano che scorro i suoi post, mi convinco sempre più di quanto il blog sia colmo di spunti e materiali cinematograficamente interessanti che, come tante tessere di un grande mosaico, formano il ritratto di una giovane donna dei nostri giorni. Una donna che si è fatta da sé e che, tra difficoltà e gioie, fragilità e forza, racconta con la sua vita un'avventura al contempo straordinaria e ordinaria. Se, da una parte, Suspence può essere a pieno titolo l'emblema della donna moderna, divisa tra lavoro e vita privata, dall'altra sono proprio il suo lavoro e la sua vita privata che la caratterizzano, che la rendono unica e peculiare: il suo lavoro che a volte arriva a spingerla a un passo dal baratro per dimostrarle quanto in realtà lei sia forte; la sua famiglia - per nulla simile al tipo di famiglia a cui il nostro pesantissimo retaggio culturale ci induce a pensare - traboccante dell'amore che un uomo, una donna e una bambina provano per lei. Insomma, mi piacerebbe creare un film che racconti la storia di una vita affascinante, esempio e stimolo per tutti coloro che, almeno una volta, si sono ritrovati in Suspence.

 
Mi porto avanti col progetto e faccio i casting: Meghan Ory è Suspence. Sbaglierò, ma io me la immagino così.

sabato 6 ottobre 2012

Words mean more than what is set down on paper



« [I]l suo corpo rigido disegnava piccoli cerchi per terra mosso dal vento che si era alzato a sera». Non so descrivere come ho reagito a quelle parole. Non mi ricordo. Non mi ricordo se ho sentito un tuffo al cuore. Non mi ricordo se ho lasciato cadere la biro che tenevo in mano, se mi sono coperta la bocca con le mani, o se invece sono rimasta immobile, come di pietra. Ricordo solo un pensiero: mai più. Non scriverò più di lei. Come faccio?, mi dicevo, come faccio? I miei post sono frivoli, il mio blog è frivolo. Con che faccia io – al sicuro nella pace della mia quotidianità – invio i miei post a Suspence, asserragliata tra morte e dolore, strazio e disperazione? Non posso. Non sto leggendo un romanzo, mi ripetevo, quella è la realtà. La realtà nuda e cruda. Sventrata e dilaniata.

Ci ho messo qualche settimana prima di comunicare a Suspence la mia decisione. Vorrei ma non ce la faccio, le ho detto. Sono anche le tue parole che mi tengono aggrappata alla realtà, mi ha risposto, è come se mi raccontassero com'era la mia vita prima di venire qui in Siria. Ok allora, le dico e mi dico. E penso come a volte le situazioni prendano pieghe assurde: dovrei essere io a incitarla ad andare avanti. E invece no: è lei a farlo. Che forza che ha! Come un grande albero ai cui piedi scorre furiosa l’acqua sporca di un fiume tracimato dagli argini, un albero che fatica a non spezzarsi, ma che, nonostante tutto, si sforza di reggere tra le sue fronde e infondere coraggio a un uccellino atterrito da quello che accade.

Va bene, Suspence, eccomi tornata a scorrere il tuo blog indietro negli anni. A leggere dei tuoi mille e più spasimanti e soprattutto di Tall l’Adone: bello, alto, statuario e con… doti da urlo. Ritrovo te, e ti ritrovo più fragile – o forse no, quella che ultimamente è più fragile sono io -, ti ritrovo lì, avviluppata nelle spire dell’amore, accecata dalla passione prorompente per un uomo che pare il Principe Azzurro. Eccoti ora alle prese con il Divin Marchese che insegna alle fanciulle i segreti del piacere. E non posso non immaginarti avviluppata al tuo Adone – tu e lui che quei segreti li conoscete, eccome! Mi intenerisco e ti invidio leggendo del tuo amore per lui e del suo amore per te. Rido divertita di fronte alle tue situazioni imbarazzanti, pensando che per fortuna non sono la sola a cui capitano. E rifletto con te sulle cose che fanno riflettere due quasi-trentenni. Mi gusto ogni tuo post. E mi balugina un’idea…

venerdì 14 settembre 2012

Suspence #2

Al telegiornale della sera, Hillary Clinton, l'espressione seria e ferrea, discute di un'eventuale risoluzione contro il regime di Assad in Siria. Penso a Suspence. Penso che mi piacerebbe conoscerla di persona. Sono curiosa. Quella curiosità da 007 fai da te che ci assale quando la vita di qualcuno è ammantata di mistero: cerchiamo indizi, creiamo collegamenti, affiniamo l'intuito, scrutiamo quel che ci circonda in cerca della combinazione giusta per incastrare tutti i tasselli. Vorrei sapere che faccia ha, questa Suspence, come sono i suoi occhi, i suoi capelli, il taglio della bocca, il suono della voce. Vorrei conoscere il suo nome per correre a cercarlo sui quotidiani.
Poi decido che tutto questo non è fondamentale. Che non mi serve investigare per trovare riscontri e conferme e soddisfare una curiosità un po' fine a sé stessa. A ogni post che leggo mi sembra sempre più futile rintracciare Suspence nella realtà. Individuare quella Paola-Simona-o-Roberta in carne e ossa per poi dire, magari a bassa voce e con la mano davanti alla bocca, «eccola, è lei!».
Certo, chiacchiererei a lungo con lei - avrei mille domande da farle ed esperienze da farmi raccontare -, ma per ora mi piace pensare a Suspence come a un volto nella folla, alla ragazza seduta di fronte a me in metrò, quella che intravedo riflessa nello specchio del parrucchiere, o che incrocio entrando in un negozio. Decido che per conoscere Suspence la sua presenza fisica non serve. Perché - ne sono sicura - lei è lì, nel suo blog. Tutta quanta.

giovedì 6 settembre 2012

"Devi credere di più in te stessa e potrai spaccare il mondo"


Il fucsia, l’azzurro e il rosa dei primi post stridono un po’ con il nero degli ultimi, dei reportage dalla Siria attraverso cui l’ho conosciuta. Certo, gli argomenti sono molto diversi. Il tono è diverso. E mi viene da pensare che anche lei ora sia diversa. Cambiata. Tutti cambiano col tempo. Ma è solo un mio pensiero. In verità, la conosco ancora poco. Suspence è nebulosa nella mia mente, un’affascinante figura dai contorni sfumati. 
Inizia a leggere dal 2007, mi dice. Non ci penso nemmeno, le rispondo. Leggerò tutto il tuo blog, dall’inizio. Dal 2005, quando Suspence doveva avere più o meno l’età che ho io ora. La paragono a me, o meglio: mi paragono a lei. Differenze ce ne sono, eccome! Ma leggendo i suoi post, ritrovo qualcosa di familiare. E più volte mi sembra che, raccontando di sé, lei racconti anche di me. Forse semplicemente perché i problemi e le difficoltà di due giovani quasi-trentenni sono sempre gli stessi anche a sette anni di distanza, o forse perché lei alcune cose le ha capite e messe in pratica prima di me. Come, per esempio, la grinta con cui affronta la vita, la determinazione con cui sembra dire: “Io sono così. Punto e basta”. Quel chi-mi-ama-mi-segua che pare portarla a districarsi con agilità tra le insidie del mondo là fuori, tra le trappole in cui le altre finiscono per cadere. Anche se credo che quelle insidie, almeno una volta, abbiano messo al tappeto anche lei, quel che mi piace è il suo atteggiamento: Tu cerchi di colpirmi? Fai pure. Per quel che mi frega.

mercoledì 5 settembre 2012

Suspence


Qualche settimana fa ho conosciuto Suspence. Non di persona, certo. L’ho incontrata per caso in rete e poi sono andata a trovarla a casa sua, nel suo blog – una casa grande, la sua, ben curata, non trascurata e angusta come la mia. E, con la curiosità di una bambina un po’ annoiata che s’intrufola in un luogo sconosciuto tutto da esplorare, leggo gli ultimi post – Suspence in Siria, una voce che avrà pure paura ma che ha coraggio da vendere. Inizio a scorrere i post più vecchi e mi perdo. Lei mi dice che in quella casa ci sono sette anni della sua vita. E ripercorrerne ogni giorno è troppo doloroso. Già, il passato fa male. Bello o brutto che sia, il passato fa male. Buona fortuna, mi dice. Ricomincio a frugare in giro, apro i cassetti, li svuoto, leggo. La sua vita è un romanzo. Non tutte le vite lo sono, ma la sua sì. Mi sono sempre immersa nei libri, nei grandi classici, mi sono persa nella vita triste di Daisy Buchanan, nell’esistenza peccaminosa di Anna Karenina, nella ribellione di Antoinette, nella disperazione di Holly Golightly. Pensavo che emozioni così intense la realtà non avrebbe potuto offrirmele. E invece, dalla casa di Suspence non volevo più uscire. In quei cassetti ho ritrovato alcuni dei miei pensieri. Felice di non essere la sola ad averli, felice di leggere di esperienze così lontane da me eppure che mi riguardano così da vicino. Esperienze che non avrei il coraggio di fare. Ma lei sì, Suspence sì.