sabato 16 febbraio 2013

In sickness and in health


Immagino una chiesa piccola e dall’aspetto antico. Tutt’intorno i grattacieli, alti da far venire il capogiro. La chiesa è deserta, la luce del mattino entra dai vetri colorati delle monofore. Al primo banco della navata, una bimba indica alla mamma quelle sfumature colorate che, tremule, sembrano inseguirsi sul pavimento. La mamma la tiene in braccio, le labbra sfiorano il viso paffuto della piccola e le bisbigliano di guardare verso l’altare. Perché all’altare, di fronte al pastore vestito a cerimonia, c’è l’altra sua mamma, raggiante di bellezza e felicità, come tutte le donne nel giorno in cui indossano il vestito bianco. Di fianco a lei il suo uomo, elegante e distinto. Emozionato più della sua sposa. Gli occhi che brillano, cerca la mano di lei, le sfiora le dita. Lei volta il capo verso di lui, sorride. «I love you» gli dice. In inglese. In fondo lui la sta sposando a New York. 



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