lunedì 31 ottobre 2011

Leggere è una spocchieria dolcissima

Leggere: la mia più grande passione. Da che ho memoria, ho sempre letto un mucchio di libri: per svago, per piacere, per divertimento, per obbligo. In italiano, inglese, tedesco e francese. A scuola, all'università, in metro, in treno, sull'autobus: sulla mia (disordinatissima) scrivania e nella mia (altrettanto disordinata) borsa non sono mai mancati i libri. Ho sempre avuto la necessità di leggere e scrivere, un'esigenza che si è trasformata - fortunatamente per me - in professione.
Qui di seguito uno stralcio tratto dal capolavoro Castelli di rabbia di Baricco, in cui la passione per la lettura è descritta in maniera poetica ed efficace. D'altronde, Baricco è un maestro della parola...
Questo è importante, e sempre bisognerà ricordarlo, e tramandarlo, di volta in volta, da malato a malato, come un segreto, il segreto, che non sfumi mai nella rinuncia di nessuno o nella forza di nessuno, che sopravviva sempre nella memoria di almeno un’anima sfinita, e lì suoni come un  verdetto capace di far tacere chicchessia: lèggere è una spocchieria dolcissima. Chi può capire qualcosa della dolcezza se non ha mai chinato la propria vita, tutta quanta sulla prima riga della prima pagina di un libro? No, quella è la sola e più dolce custodia di ogni paura - un libro che inizia. Così che, insieme a migliaia di altre cose, cappelli, animali, ambizioni, valigie, soldi, lettere d’amore, malattie, bottiglie, armi, ricordi, stivali, occhiali, pellicce, risate, sguardi, tristezze, famiglie, giocattoli, sottovesti, specchi, odori, lacrime guanti, rumori - insieme a quelle migliaia di cose che già sollevavano da terra e lanciavano a velocità prodigiose, quei treni che rigavano avanti e indietro il mondo come ferite fumanti si portavano dentro anche la solitudine impagabile di quel segreto: l’arte di leggere. Tutti quei libri aperti, infiniti libri aperti, come finestrelle aperte sul dentro del mondo, seminate su un proiettile che offriva allo sguardo, solo si avesse avuto il coraggio di alzarlo, lo sfavillante spettacolo del mondo di fuori. Il dentro del mondo e il mondo di fuori. Il dentro del mondo e il mondo di fuori. Il dentro del mondo e il mondo di fuori. Alla fine finisce così, che in un modo o nell’altro, ancora una volta, si sceglie il dentro del mondo, mentre tutt’intorno ti sferraglia la tentazione di farla finita una buona volta e di rischiare a vederlo, questo mondo di fuori, cosa sarà mai, possibile che sia davvero così pauroso, possibile che non se ne andrà mai questa vigliacca paura di morire, di morire, morire, morire, morire, morire, morire? 
[Alessandro Baricco, Castelli di rabbia]

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