mercoledì 2 novembre 2011

Quando il leone fa tendenza

Stamattina mi è stato consigliato l'articolo L'ultimo ruggito di tigri e leoni pubblicato ieri nell'edizione online del quotidiano La Repubblica. L'articolo, che porta la firma della giornalista Dusi, offre un resoconto ricco di spunti di approfondimento sull'ormai drammatica situazione dei grandi predatori africani che, insieme a squali e lupi, non sembrano godere di rosee prospettive di vita. Al contrario, sottolinea l'articolo, sembra proprio che abbiano gli anni contati. Sai che novità! Da anni gli scienziati lanciano allarmi rossi e i loro studi pubblicati sulle riviste specialistiche assomigliano sempre più a oracoli funesti o presagi di imminenti sciagure naturali. E come dar loro torto? La situazione per molte specie animali (non solo grandi predatori, ma anche rettili, pesci, uccelli e altri mammiferi) è davvero giunta a un punto di non ritorno. Il problema è che i 7 miliardi di umani non l'hanno ancora capito. Non tutti, ovviamente: lodevole è il lavoro svolto da ONG, gruppi volontari e fondazioni di ogni genere e sorta che si impegnano nella salvaguardia del mondo animale (a questo proposito, segnalo il Cheetah Conservation Fund attivo nella protezione dei ghepardi con sedi in Namibia e in tutto il mondo). Tuttavia, gli sforzi di queste associazioni, seppur proficui e assolutamente necessari, mi ricordano l'effetto ottenuto da chi vuole colmare un pozzo con granellini di sabbia. Purtroppo, la maggior parte degli umani non è pienamente cosciente della condanna a morte a cui sono destinate alcune specie. Per giunta, mi sono resa conto che molti sbandierano termini e slogan come: "salvaguardia", "no all'estinzione", "aiutiamo i leoni", ecc. ecc. non tanto per reale sensibilità nei conforti della problematica o per vero interesse nel preservare la biodiversità e la vita selvaggia, quanto piuttosto per moda, come se la protezione delle specie a rischio fosse uno dei tanti argomenti da salotto da sfoggiare in occasione di party super trendy per fare la figura degli intellettuali.
D'altronde, cosa possiamo aspettarci da chi dice di amare i cani e poi li sottopone a interventi di lifting per farli apparire più cool, o da chi si dice estasiato davanti alla bellezza del regno animale e poi trascorre allegri pomeriggi allo zoo o al circo, dove animali selvaggi vengono detenuti in gabbie più o meno misere o vengono costretti a esibirsi in acrobazie più o meno idiote?
Troppo spesso si continua a concepire gli animali come una moda, come esseri da esposizione simili ai peluche che teniamo sul letto, e a non capire che zoo, parchi safari e circhi alterano l'indole e gli istinti degli animali; troppo spesso si continua a non comprendere la reale portata del problema, credendo che l'estinzione sia solo un problema degli animali; troppo spesso si continua a speculare sulla pelle degli animali e a porre in primo piano esclusivamente gli interessi economici. Finché non si prenderanno davvero a cuore le problematiche del mondo animale, non credo che si giungerà a soluzioni tangibili su scala globale.
Eppure la salvaguardia del regno animale, così come quello vegetale, riguarda anche i 7 miliardi di umani. Ricordo che in una puntata della scorsa edizione di Missione Natura, il biologo Vincenzo Venuto aveva usato una brillante metafora per spiegare la problematica: le specie animali e vegetali sono come le viti che tengono salde le ali all'aereo; potranno anche sembrare aggeggini insignificati, ma se queste viti man mano saltano o si rompono, anche l'aereo è destinato a precipitare.



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